Lo avevamo ricordato nel numero di agosto, il 20 novembre del 1972 è scomparso Ennio Flaiano. Uno degli autori più acuti del secolo passato, dalla prosa al teatro, dal giornalismo al cinema. “Rappresenta da sempre una delle figure più amate di Fregene, dove ha vissuto e lavorato ad alcuni dei suoi più importanti capolavori. Sarebbe un delitto se questa ricorrenza non venisse ricordata da comunità e istituzioni”. E purtroppo, a parte la deposizione di una corona di fiori questa mattina da parte del vicesindaco Ezio Di Genesio Pagliuca e del consigliere comunale Fabio Zorzi, è mancata una vera iniziativa celebrativa per Ennio Flaiano.

Responsabilità pubblica e privata, perché la memoria e la cultura sono valori che dovrebbero essere coltivati da tutti. Gli unici che si sono fatti vivi sono come sempre i suoi concittadini di Pescara, sempre attenti al destino della sua tomba lontana. Ci ha chiamato in redazione  un giornalista di Rai Tre chiedendoci di riprendere in un video le cure di Mariano Micco, che da anni si prende cura della tomba, per dimostrare che le spoglie dello scrittore, della moglie e della figlia, non sono state abbandonate al loro destino. Peccato che siamo così distratti, così poco attenti, perché Ennio Flaiano ha voluto essere seppellito proprio qui e ha dedicato nei suoi libri attenzione e spazio a Fregene.

Nell’impossibilità di riuscire a ricordarlo come si dovrebbe in occasione dei 50 anni della sua scomparsa, abbiamo pensato come passare la serata del 20 novembre, leggere le parole da lui scritte sul Villaggio dei Pescatori, Fregene e Maccarese. Si trovano in due libri, “Diario Notturno” del 1956 e “Una e una Notte” del 1959.

Nel primo con il titolo “frammenti di vita a Fregene” ci sono diversi piccoli ritratti di quegli anni: “Il pescatore ha otto o nove figli, il più piccolo di due anni – scrive riferendosi a Ignazio Mastino – Vive in una baracca sulla spiaggia e non è scontento. Si lamenta solo che le grandi barche a motore vanno spopolando il mare dei pesci; e ce l’ha a morte con quei pirati che la notte, procedendo a lumi spenti, gli strappano le reti. “Ma non c’è niente da fare,” aggiunge “oggi vince la prepotenza”. Sua moglie, ancora molto bella, cucina una sola volta al giorno: un gran caldaione di pasta col sugo, che viene consumata durante le ventiquattr’ore e la mattina dopo, fredda, serve per colazione. Parlando delle elezioni, gli domando per chi voterà. Si guarda intorno, strizza l’occhio: “Per il re” risponde. Gli domando per chi voterà sua moglie. Alza le spalle: “Oh, mia moglie non vota. Si vergogna”.

Ancora più dettagliata la parte di “Una e una notte”, dove con il titolo “I giorni della sirena” passa in esame tanti personaggi. C’è Sardella, con la sua pesca miracolosa, il pescatore Andrea, sempre Ignazio Mastino, con la sua “moglie molto bella”, Arturo il carrettiere con il suo cavallo che piange per il figlio morto affogato, persone ed episodi che in quelle pagine sembrano rivivere. E soprattutto c’è Flaiano con la sua poesia sempre attuale.