di Antonella Maucioni – Garante dell’infanzia e adolescenza del Comune di Fiumicino

Per raccontare di migrazioni possiamo partire da una  certezza:  sono un fatto assolutamente connaturato all’umanità e non qualcosa di unico e singolare del nostro tempo. L’uomo non è una pianta e da sempre il movimento, come per tutte le specie animali, ha rappresentato per la specie Homo sapiens un elemento basilare della sua storia evolutiva. E’ grazie ai nostri piedi che la nostra specie, nata nella profonda Africa,  è stata in grado di spingersi sempre in là e di occupare tutto il pianeta  per cercare migliori condizioni di vita o per sfuggire ai pericoli. Fino a circa 10000 anni fa il nomadismo era la regola e muoversi per l’umanità  era un fatto assolutamente normale  finchè con l’invenzione dell’agricoltura non siamo diventati stanziali e abbiamo cominciato a stabilirci  in un luogo per prenderci cura della terra e coltivarla. E’ in questo momento , quando il movimento non è più cosa così  scontata, che nasce il concetto stesso di migrazione , cioè di un movimento volontario e intenzionale  di individui da un’area geografica a un’altra.

Migranti anche noi
Nel corso di millenni di  storia molte sono state le circostanze in cui popoli interi sono migrati. In tempi relativamente recenti , a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ci fu un’emigrazione di massa dall’Europa agli Stati Uniti, causata dalla grande crisi agraria e di cui gli italiani furono tra i principali protagonisti. La finalità era la ricerca di un lavoro negli ambiti industriali americani molto più sviluppati di quelli europei e per questa ragione dal 1861 emigrarono all’estero oltre 25 milioni di italiani: una delle più grandi migrazioni internazionali dell’epoca contemporanea, che ha formato comunità italiane in tutti i continenti e caratterizzato  profondamente la società di Paesi come Argentina, Brasile, Stati Uniti. Prima dell’avvento delle navi a kerosene , gli emigranti viaggiavano su navi a vela sottoponendosi a traversate che, di solito, erano delle vere e proprie odissee , pericolose e difficili per le condizioni cui erano costretti a vivere a bordo e per il concreto rischio di naufragi.
Con  l’avvento della macchina a vapore impiegata anche nel settore marittimo si verificò una  rivoluzione dei tempi di percorrenza sulle rotte transatlantiche che rese più agile e confortevole questo lungo  viaggio: i bastimenti partivano da Genova e da Napoli ma  una volta arrivati a destinazione ad attendere questi migranti vi era ancora una volta una vita di fatica ed emarginazione.

E come dimenticare la dolorosa migrazione interna che negli anni del miracolo economico falcidiò soprattutto le comunità delle regioni del Sud? Negli anni tra il  ’50 e il ’63, un flusso notevole di persone scorre verso le città del centro-nord Italia, in particolare verso le metropoli di Milano, Torino e Genova, ai vertici del cosiddetto “triangolo industriale”. Gravi condizioni di vita e di lavoro al sud spinsero gli uomini ad andare via da una terra che sembrava arcigna , nella speranza di conquistare una condizione di vita più dignitosa per poter poi richiamare la famiglia e garantire ai propri figli una vita più dignitosa. Tanti viaggi di intere famiglie  con valigie di cartone piene di speranza per il futuro che però ben presto all’arrivo si incrinava davanti a tanti pregiudizi e difficoltà. A cominciare dallo sprezzante epiteto di “ terrone” fino a un  lavoro spesso precario,  con mansioni dequalificate e a pessime condizioni di vita fuori dalla fabbrica, con in cima il problema della casa  a cui si cercavano le più disparate soluzioni offerte da una società stravolta e impreparata a questi arrivi e  suggerite dall’arte di arrangiarsi.  Gli emigranti occupavano tutti gli spazi disponibili: soffitte, cantine, sottoscale, vecchie cascine e  persino case destinate alla demolizione, e quando non ci riuscivano vivevano in alloggi sovraffollati.

Le migrazioni oggi
Le migrazioni di oggi sono un fenomeno multiforme che coinvolge tanti diversi gruppi di persone e rappresenta una componente importante della crescente interdipendenza tra le nazioni.  Forti squilibri socioeconomici esistenti tra regioni economicamente più sviluppate e regioni meno sviluppate sono all’origine di un forte flusso migratorio che dai Paesi meno sviluppati, come Africa, Asia, America Latina ed Europa Orientale si dirige soprattutto verso l’Unione europea e il Nord America.  Si registrano anche forti flussi migratori tra aree meno sviluppate e  più sviluppate all’interno di una stessa regione o di uno stesso Paese. Esistono diversi tipi di migranti forzati, cioè costretti ad allontanarsi dalla loro terra  :  migranti  economici che si spostano per cause economiche e sociali, povertà, disoccupazione, salari bassi, mancanza di prospettive per il futuro e  di servizi in grado di consentire una vita degna; migranti che sfuggono  dalle guerre e dalle persecuzioni; migranti climatici che si spostano a causa di calamità naturali, come la  desertificazione e le carestie , spesso dovute agli esiti di un colonialismo distruttivo e di una feroce predazione dei territori da parte dei paesi del Nord del mondo. Qualcosa però accomuna tutti i movimenti migratori: essi mettono in evidenza che tutti “viaggiamo su un’unica nave” e che il nostro destino è sempre più collegato a quello degli altri. 

Quanti sono i migranti
La sintesi che ci viene dai dati ci consente di uscire dal nostro ristretto angolo visuale e comprendere che le migrazioni sono  un fenomeno mondiale, superando l’idea che sia  solo mediterraneo ,  frutto delle immagini che i media ci inviano instillando in noi la pericolosa convinzione che si tratti di “un’invasione”.  Secondo le stime ONU, a metà del 2019, 272 milioni di persone hanno lasciato il loro Paese per trasferirsi in un altro, circa 151000 in Europa e di questi circa 70000 in Italia. Secondo i dati aggiornati al 1° gennaio 2019, gli stranieri regolari in Italia sono 5.255.503 e rappresentano l’8,7% della popolazione residente. Circa la metà degli stranieri in Italia è di origine europea, in particolare dell’Europa orientale. La comunità rumena, infatti, è la più numerosa; le altre comunità straniere principalmente presenti in Italia sono quella albanese, marocchina, cinese e ucraina. I dati ci dicono, dunque, che i migranti non rappresentano un’invasione ma è piuttosto una percezione distorta che ce li fa avvertire in questo modo. Il tema delle migrazioni è un tema politico e, quindi per questa sua natura, purtroppo piegato al consenso, e l’eccessiva semplificazione, sempre necessaria per gli slogan, racconta solo frammenti di realtà  creando molta confusione.

La situazione dei minori stranieri
Secondo i dati ISTAT, sono oltre un milione le bambine e i bambini, i ragazzi e ragazze di origine straniera che oggi vivono in Italia.  Dietro  la definizione di minorenne di origine straniera si nasconde una molteplicità di condizioni ed esistenze, anche molto diverse tra loro, accomunate dal medesimo status giuridico rispetto alla cittadinanza. Sono minorenni con background migratorio i minori stranieri non accompagnati (MSNA), arrivati in Italia da soli, senza un familiare o un tutore; ma anche bambine e bambini nati all’estero e poi cresciuti in Italia, parlando l’italiano come prima lingua; le seconde generazioni, nate sul suolo italiano da genitori di origine straniera e dunque considerate tali a loro volta; i bambini e le bambine che hanno ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato insieme alle loro famiglie. Le sfide poste alla società contemporanea dall’integrazione e dall’inclusione di queste nuove generazioni di bambini e ragazzi sono tante e diverse come numerose e gravi  sono le criticità che penalizzano i minori e le famiglie di cittadinanza non italiana. Situazioni difficili  che si sono  aggravate  dopo questi due anni di pandemia in cui le fragilità si sono accentuate e le disuguaglianze economiche e sociali approfondite. Anche qui i dati,  pur con la loro aridità,  ci aiutano a comprendere la portata del problema.

  • Povertà delle famiglie 
    il 29% delle famiglie straniere si trova in condizione di povertà assoluta a fronte del 5% delle famiglie italiane. 
  • Povertà educativa 
    I bambini e le bambine da 3 a 6 anni nativi sono inseriti nella scuola dell’infanzia nel 93.6% dei casi, mentre i loro coetanei con cittadinanza non italiana la frequentano solamente nel 79% dei casi. Il tasso di scolarità tra i 14 e i 16 anni indica inoltre che circa il 10% circa non prosegue gli studi dopo la scuola media, mentre quello tra i 17 e i 18 anni, di parecchi punti minore di quello degli italiani, evidenzia una maggiore rilevanza di percorsi non lineari e di abbandoni precoci.  
  • Dispersione Scolastica
    Nel 2020 i giovani che hanno abbandonato prematuramente gli studi sono stati il 13,1%, percentuale che raddoppia se parliamo di alunni di origine straniera. 
  • Ritardo scolastico 
    Sulla base dei dati del Ministero dell’Istruzione pubblicati nel 2021 e relativi all’a.s. 2019/20, si trova in situazione di ritardo scolastico (e cioè frequenta una o più classi inferiori rispetto all’età, per collocazioni iniziali o ripetenze) il 29.9% degli alunni con cittadinanza non italiana (fra gli italiani l’8.9%).
  • Segregazione formativa 
    Gli studenti provenienti da contesti migratori scelgono dopo la scuola secondaria di primo grado il comparto tecnico-professionale, molto più di quello liceale. I consigli orientativi alla fine della scuola media che, anche a parità di performance, raccomandano il liceo meno frequentemente che agli studenti italiani, segnalano il rischio di riproduzione delle diseguaglianze esistenti (ISMU, Rapporto 2020, Ministero dell’Istruzione, 2021).

Le risposte
Le risposte a un fenomeno così complesso e mutevole come le migrazioni non possono essere né semplici né temporanee ma richiederebbero una visione ampia e dallo sguardo lungo che invece purtroppo non c’è . Le soluzioni , sempre ispirate dalla paura del diverso e dalla negazione della nostra responsabilità sulle cause che spingono le persone a recidere le loro radici e ad affrontare viaggi drammatici e inenarrabili nella loro disperazione  , sono sempre contingenti e improntate alla difesa della nostra comoda fortezza in cui ci rinchiudiamo. Questa miopia è comune all’Italia, all’Europa, al mondo occidentale : invece di interrogarci su quale potrebbe essere una risposta improntata alla solidarietà, al rispetto, alla comune umanità preferiamo alzare migliaia di chilometri di muri in giro per il mondo  o esternalizzare i nostri confini attraverso discutibili trattati  in modo da eliminare  il problema, semplicemente spingendolo lontano dai nostri occhi . Una strategia disumana ,miope e neanche particolarmente intelligente dal momento che in un mondo tutto connesso prima o poi quel che cerchiamo di rimuovere ci tornerà indietro come un boomerang devastante.

L’opportunità di un incontro
Come sempre , per abbattere il muro delle mistificazioni, dei pregiudizi , degli stereotipi , il primo passo è quello della conoscenza e per questa ragione con alcune delle  persone – la delegata alle politiche migratorie gli assessori alla Scuola e alle politiche sociali- che  nel nostro Comune ,  con visuali diverse, si occupano di questo problema abbiamo  pensato di proporre una giornata di riflessione sul tema delle migrazioni “ La sfida dell’accoglienza : conoscere il fenomeno delle migrazioni per costruire pace e solidarietà”che si terrà il prossimo 31 marzo alla  Sala Salsedine. Un’iniziativa che vuole rappresentare un’occasione di confronto e che sarà articolata in due momenti distinti : l’uno dedicato alle studentesse e agli studenti , l’altro aperto a tutta la cittadinanza. Tanti stimoli diversi – testimonianze, narrazioni, arte, libri- per cercare di affrontare il problema con la varietà di linguaggi  necessaria a dare una visione più completa del fenomeno migratorio  che è come  un caleidoscopio dai tanti frammenti di luce colorata.

I Partecipanti

Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre, organizzazione non profit fondata all’indomani del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, la cui finalità  è quella di ottenere l’apertura di corridoi umanitari e l’attivazione di canali d’ingresso legali e sicuri per i migranti che fuggono da guerre, dittature e miseria, oltre che  garantire una degna accoglienza dei migranti e percorsi di inclusione sociale. Da alcuni anni Tareke porta avanti una missione speciale: visitare le scuole secondarie e le università italiane ed europee  per incontrare giovani studenti e docenti allo scopo di far luce sul fenomeno delle migrazioni di massa e delle terribili dinamiche di queste nuove odissee. Ad oggi il Comitato coinvolge oltre 20 paesi europei , 250 scuole e oltre 50000 studenti e studentesse.

Carlo Torrisi, pittore e poeta. Suoi alcuni quadri potenti e emotivamente coinvolgenti sui migranti e i naufraghi che saranno esposti durante la giornata.



Rita Coco, giurista e coautrice con Roberta Ferruti del libro “ Una storia scritta con i piedi” , che si propone di   rendere comprensibile un fenomeno molto complesso come le migrazioni  e fornire una corretta narrazione degli eventi. Uno  strumento prezioso  per coloro che vogliono conoscere il fenomeno migratorio senza pregiudizi mostrando  come esso ,se gestito adeguatamente, può rappresentare una risorsa più che un problema.


A dialogare con Rita Coco sarà la giornalista Annamaria Graziano , esperta di comunicazione istituzionale e politica, che da anni segue  con particolare attenzione le dinamiche della politica nazionale, le istituzioni Ue, i temi legati alla Costituzione italiana e il suo rapporto con i Trattati europei.


Tra i tanti momenti , ci sarà quello particolarmente intenso e forte  della testimonianza di Vito Fiorino, Giusto dell’Umanità, che nella notte del naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, insieme ai suoi amici a bordo della barca Gamar,  salvò 47 migranti.

Il racconto di Vito è toccante: con parole essenziali rievoca la tragedia di una notte in cui persero la vita 368 persone e dove , per la prima volta ,davanti agli occhi di tutti noi che assistevamo inorriditi dietro agli schermi della tv a quel che era accaduto , si palesò in tutta la sua drammatica evidenza la scia di morte che  insanguinava il nostro mare. Il destino cambia la vita degli uomini e quella notte anche quella di Vito cambiò per sempre . E’ un uomo “ comune”, come lui si definisce, che , davanti alla disperazione,  ha saputo compiere una scelta di solidarietà e che da quel momento ,infaticabile,  viaggia per incontrare tante persone, raccontando ovunque con rinnovata emozione  la sua storia. Sceglie di incontrare soprattutto i giovani perché ,come ama dire,  a loro appartiene il futuro da costruire  e  a loro  racconta della necessità di uscire dal bozzolo delle nostre quiete vite, di superare l’indifferenza verso gli altri, chiunque sia questo altro da noi.   Il suo impegno per la testimonianza  narra a tutti noi la possibilità di rispondere con giustizia a chi ci rivolge una richiesta di aiuto , di  essere con le nostre scelte  presenze positive per gli altri nel flusso della Storia, di obbedire alla coscienza più che alle leggi degli uomini quando queste sono inique, in una parola di dire il “ si “giusto nel momento della nostra chiamata alla responsabilità umana.

Una poesia che interroga le nostre coscienze
A volte una poesia, come questa di Bertold Brecht, può  far riflettere e illuminare le nostre scelte più di molte parole perché parla non solo alla nostra mente ma al nostro cuore.

A Los Angeles davanti al giudice che esamina coloro
che vogliono diventare cittadini degli Stati Uniti
venne anche un oste italiano. Si era preparato seriamente
ma a disagio per la sua ignoranza della nuova lingua
durante l’esame alla domanda:
che cosa dice l’ottavo emendamento? rispose esitando:
1492.
Poiché la legge prescrive al richiedente la conoscenza della lingua nazionale,
fu respinto. Ritornato
dopo tre mesi trascorsi in ulteriori studi
ma ancora a disagio per l’ignoranza della nuova lingua,
gli posero la domanda: chi fu
il generale che vinse la guerra civile? La sua risposta
fu: 1492 (con voce alta e cordiale). Mandato via
di nuovo e ritornato una terza volta,
alla terza domanda: quanti anni dura in carica il presidente?
rispose di nuovo: 1492.
Orbene il giudice, che aveva simpatia per l’uomo, capì che non poteva
imparare la nuova lingua, si informò sul modo
come viveva e venne a sapere: con un duro lavoro. E allora
alla quarta seduta il giudice gli pose la domanda:
quando fu scoperta l’America? e in base alla risposta esatta,
1492, l’uomo ottenne la cittadinanza

Leggendo questa poesia  chiediamoci: ha forse sbagliato quel giudice? Per includere il debole ha forse sbagliato nell’adeguare la domanda alla risposta piuttosto che continuare a fare domande a cui il povero emigrante non sa né può rispondere? Non ha sbagliato : ha scelto di applicare la legge , non in modo acritico ,ma all’interno di una cornice democratica che si oppone all’emarginazione e all’idea che qualcuno possa rimanere indietro, abbandonato a se stesso. La sua risposta rappresenta la nostra coscienza, la certezza che un’altra risposta alla sfida dell’accoglienza è possibile. Ecco: allora  ogni volta che uno straniero bussa alle nostre porte ricordiamoci delle parole di Brecht ;  la Storia sarà il nostro giudice e dovrà essere un giudice semplicemente giusto .

Antonella Maucioni
Garante dell’infanzia e adolescenza del Comune di Fiumicino