“Un uomo solo al comando”. La celebre radiocronaca di Mario Ferretti, mentre raccontava le gesta di Fausto Coppi durante la tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d’Italia del 1949, calza a pennello anche per Pio Casciani conosciuto da tutti come “l’uomo dalle cento fughe”. “Non faccio le volate – racconta Pio – quindi appena dopo il via parto all’attacco e se mi riprendono riparto nuovamente. Mi ritengo un passista ed è questa la mia filosofia”. Fiumicinese doc, il prossimo settembre compirà 80 anni e ancora adesso per strada in sella alla sua bici detta legge e dà l’esempio ai più giovani. “Sto attraversando un buon momento – dice – nonostante il mio corpo presenti evidenti segni di infortuni che mi sono procurato in oltre 50 anni di bici”. Numerosi incidenti hanno minato la sua tenuta, chiunque al suo posto si sarebbe già fermato, ma lui da vero condottiero, per questo ribattezzato “Garibaldi”, non ha mai mollato e continua ancora oggi a macinare chilometri. Pio Casciani ha ereditato la passione per il ciclismo dallo zio e ha iniziato da bambino a pedalare. “All’epoca le corse erano massacranti – ricorda Pio – L’Enalgiro organizzava tappe di 180-200 km l’una. Poi arrivò il momento di partire per il militare e così abbandonai la bici”.

Un distacco durato fino a quando Casciani aveva all’incirca 30 anni, poi il richiamo di questo sport ,che ha nel sangue, è stato davvero troppo forte. “Mi sono rimesso in sella e da quel momento non mi sono più fermato – ricorda lui – se oggi ancora pedalo lo devo anche a un dono fisico che mi permette di farlo. Ma ritengo che il segreto sia la preparazione, il mantenimento e una sana alimentazione. E per fare sempre meglio più che l’allenamento sono importanti le gare”. Gare che hanno visto trionfare Pio Casciani in molte occasioni. È stato infatti campione nazionale crono individuale Usacli, campione regionale Usacli Lazio ciclocross 2000, campione regionale Usacli 2002, campione nazionale ciclocross Usacli2002 e 2005, campione nazionale Usacli, campione provinciale Roma Federazione ciclistica italiana. “Le corse me le sceglievo – dice sorridendo Pio – Più erano dure e più per me c’era la possibilità di vincere. Per questo preferivo quelle in Abbruzzo, nel frusinate, a Rieti o nel Viterbese. Io staccavo tutti e quello dietro di me se voleva vincere si doveva guadagnare il pane. È stata una bella esperienza che senza la famiglia non sarebbe mai potuta esistere”.
L’unico rimpianto è quello di non aver potuto creare una scuola ciclistica per i bambini. “Ho capito che a Fiumicino esiste solo il calcio, per il ciclismo manca spazio – dice rammaricato Pio – Ci ho provato negli anni ’90 in collaborazione con la scuola G.B. Grassi di Fiumicino e Focene, ma il progetto è fallito perché non ero supportato, un vero peccato. Qui da noi manca la mentalità ciclistica. Lo vediamo anche per strada con il difficile rapporto tra automobilisti e ciclisti. È pur vero che oggi molti di noi si piazzano in mezzo alla strada con arroganza, ma è anche vero che spesso capita di non stare a lato della carreggiata solo perché le strade che ci sono qui non ce lo permettono. Questo con una cultura ciclistica si capirebbe”. Con un sorriso Pio risale in sella alla bici e scatta, vero un nuovo allenamento. E chissà, verso una nuova gara.

di Francesco Camillo