Ancora un ambito riconoscimento per Gianfranco Pascucci, la guida del Gambero Rosso gli ha assegnato con punteggio 90/100 le tre forchette per il 2017. Per i non addetti a lavori chiariamo che a Roma nell’olimpo delle tre forchette c’è solo La Pergola di Heinz Beck (95/100), poi bisogna andare fuori dalla capitale per trovare La Trota dei fratelli Serva (91) a Rivodruti (Rieti) e quindi ad Acuto (Frosinone) alle Colline Ciociare di Salvatore Tassa (90).
In altri termini, Heinz Beck a parte, Gianfranco Pascucci a Roma si presenta oggi come il numero uno almeno nel cucinare il pesce. Niente male per un “autodidatta” che nel 2000 senza alcuna esperienza si è avventurato nel settore della ristorazione.
Nella lunga intervista fattagli dal Gambero Rosso ripercorre le tappe della sua carriera, da quei primi anni del 2000 quando, insieme alla moglie Vanessa Melis, decise di aprire il Porticciolo: “Prima facevo pure un po’ di sala, poi sono passato in cucina”, racconta ad Antonella De Santis. Gli inizi sono pieni di entusiasmo ma ancora è tutto da fare “Siamo autodidatti, all’inizio non veniva nessuno”. Poi ingranano la quarta e iniziano con la classica ristorazione del litorale romano “facevamo i piatti che funzionavano qui a Fiumicino, anzi qualcosa di simile. Come dico io: una falsariga, in senso letterale, della tipica ristorazione locale”. Poi scatta qualcosa, la molla della curiosità, della voglia di lasciare un segno. Nel 2002 insieme a un gruppo di amici si iscrive al corso per sommelier all’Hilton di Fiumicino. “Quindi ho conosciuto uno dopo l’altro, tanti personaggi che mi hanno fatto venire la voglia di sperimentare ma soprattutto mi hanno fatto scoprire la materia prima: Roberto Liberati e altri”. Il prodotto e i fornitori diventano ben presto la magnifica ossessione di Pascucci, quella da cui nasce tutto. “Il primo cambiamento importante è stato decidere che dal mio più grande fornitore, il mare, dovevo prendere tutto. Non solo le spigole e i rombi”. E aggiunge “Avevo voglia di verità”, “era un rischio non avere certi prodotti e qualcuno storceva il naso quando proponevo cose, tipo il muggine. Poi ho visto che in fondo alle persone non importava così tanto del pesce usato, se il piatto era buono. A questo punto ho capito che c’era lo spazio per costruire”. Da qual momento in poi Gianfranco non si è più guardato indietro con lucidità ha perseguito con tutta la tenacia di cui è capace il sogno, arrivando fino in fondo. La sua abilità di comunicatore lo ha certamente aiutato ma sono state le sue scelte in cucina, insieme a quelle di puntare alla qualità delle materie prime e ai prodotti del suo territorio, a risultare vincenti.
Fino a quest’ultimo riconoscimento che lo proietta verso un altro obiettivo che sembrava impossibile fino a qualche anni fa, la seconda stella Michelin.