Tutto è stato rinviato a un prossimo vertice in data ancora da stabilire. Ufficialmente il rinvio è stato deciso per la mancata presenza del prefetto Pecoraro al vertice con il ministro Clini, il sindaco di Roma Alemanno, e la governatrice del Lazio Polverini, ma è evidente come la confusione regni ancora sovrana sulla decisione da prendere, considerando l’attuale impossibilità, o incapacità, di superare i veti incrociati tra le parti in causa. La decisione di non decidere ha ovviamente deluso i comitati di protesta locali, secondo i quali “ora ci riorganizzeremo e torneremo a protestare, ci sentiamo presi in giro e siamo arrabbiati”. Di parere diverso il ministro dell’Ambiente Clini, che ha sottolineato le convergenze positive emerse comunque dal vertice, in particolare sul tema della “differenziata e recupero di materie ed energia, come previsto dalle leggi nazionali e dalle direttive europee che assegnano un ruolo marginale alle discariche. Anche se “non c’è stata alcuna firma, – ha aggiunto – si sta procedendo nei dettagli. Spero in una decisione rapida. Non si esce dalle discariche con altre discariche”. Belle parole che però rimangono tali, mentre manca ormai poco più di un mese alla chiusura di Malagrotta. Tempi così stretti da far ritenere necessaria un’ulteriore proroga, ma sulla decisione, di competenza della Regione Lazio, grava il parere dei tecnici del Politecnico di Torino, incaricati dal Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di Codici, il Centro per i diritti del cittadino, che dovranno verificare prima di ogni decisone se la falda a monte di Malagrotta sia inquinata e l’acqua potabile.