Botta e risposta tra il sindaco e alcune associazioni sportive locali sul divieto di utilizzo di palestre scolastiche a “terzi”.

Il sindaco, salute e sicurezza
“Voglio ribadire che capisco i vari problemi di ciascuno – ha scritto Montino sulla sua pagina FB – dalle famiglie che si preoccupano per le attività extrascolastiche dei figli alle associazioni sportive, di cui comprendo bene lo spirito associativo, che così non riescono a dare continuità alle loro attività. Pregherei però tutti quanti di non anteporre le questioni personali rispetto a un tema che invece è molto più ampio.

La scelta è stata dettata dalla paura che possa diffondersi il Coronavirus all’interno di quelle che sono le cellule più sensibili della società, ovvero le nostre scuole, frequentate da 12mila ragazzi e ragazze, di cui noi dobbiamo garantire salute e sicurezza. L’apertura nei plessi scolastici a persone al di fuori di essi corrisponderebbe solo ad andare incontro alle tantissime attività, ma in modo sbagliato. Una amministrazione seria invece fa una scelta motivata nell’interesse della collettività e della salute pubblica”.

Le associazioni: “Si ignora la realtà”
“Come si vede che il primo cittadino non idea della realtà di cui parla e non conosce minimamente il suo territorio – commentano alcuni dirigenti di associazioni di Fiumicino – qui non si tratta di “dare continuità alle nostre attività” e soprattutto di “anteporre questioni personali”. Il sindaco non sa che la maggior parte di questi 12mila ragazzi che di giorno vanno nelle scuole il pomeriggio tornano nelle stesse loro palestre per la pratica di basket, pallavolo, pallamano, ginnastica, pugilato, taekwondo, judo e decine di altre attività essenziali per la loro crescita? Che così si bloccano campionati, gare, tornei di tutte le serie, vanificando un lavoro di anni? Prima eravamo scioccati, ora lo siamo ancora di più per questa incredibile risposta”.

Avevamo più volte chiesto notizie sulle intenzioni dell’amministrazione comunale con l’avvicinarsi della data di rientro nelle scuole, non abbiamo mai avuto risposte. E poi perché non cercare alternative e vedere di individuare temporaneamente strutture pubbliche non scolastiche per questo tipo di attività? Comuni a noi vicini non si sono sognati di prendere questi provvedimenti che, in relazione a una mera probabilità, quella dell’ipotesi contagio, fanno invece danni certi e irreversibili alla salute psicofisica dei ragazzi e all’intero settore dello sport locale”.