Gianfranco Pascucci non ha certo bisogno di presentazioni. Insieme alla moglie Vanessa ha fatto una lunga gavetta e con fatica, giorno dopo giorno, ha raggiunto il meritato traguardo: la stella Michelin, primo tra i ristoranti di Fiumicino. Appassionato, anzi innamorato del suo territorio, quando gira l’Italia o va in qualche trasmissione televisiva non perde occasione di promuovere Fiumicino, i suoi straordinari prodotti e i tanti tesori di un Comune troppo spesso sottovalutato. Un “ambasciatore del gusto”, sempre pronto a valorizzare quel genius loci spesso fonte d’ispirazione per i suoi piatti migliori. Il personaggio giusto allora per fare il punto non solo della situazione della ristorazione, ma sui possibili scenari del nostro turismo. Mi riceve nel suo ristorante inseguito da persone, tutti lo cercano e vogliono parlargli.

Allora Gianfranco, la tua fotografia attuale del contesto turistico locale?

Negli ultimi anni c’è stata un’evoluzione. Quando nel 2012 abbiamo preso la stella Michelin il tessuto era molto frammentato. C’era qualche buon produttore di materia prima, qualche buon ristoratore, un buon pasticcere, un buon pizzaiolo. Ma non collaboravano insieme, non c’era una sinergia, né la possibilità di condividere uno spazio importante. Noi siamo una periferia, “iodata”, come piace dire a me, perché siamo in riva al mare. Ma la cosa buona rispetto alla città è quella di poter avere più comunanza, quindi poter creare un’identità omogenea e di ampio respiro.

E ci sono stati progressi in questa direzione?

Grazie alla stella Michelin hai una risonanza maggiore, prendi atto di alcune responsabilità e vedi ancora di più il tuo territorio come una risorsa. Il mio obiettivo è stato quello di cercare di unire le forze e quindi creare collaborazioni, ad esempio con la pasticceria Patrizi, con la pizza di Sancho, unire le forze con Benny della Baia di Fregene e altri ristoratori di locali importanti. Poi è arrivato Lele Usai che ha portato un’altra stella a Fiumicino, una presenza rilevante.

Unire le forze, tessere una rete per iniziare a creare un’identità territoriale?

Si è cercato di unire un territorio, di fare in modo che le realtà fossero vincenti e capaci di muovere l’economia, perché sempre di economia si parla. Che siano pescatori o contadini, i nostri produttori sono una forza importante perché chi viene qui a mangiare ha bisogno di trovare un territorio il più omogeneo e accogliente possibile. Se le persone vengono da Pascucci è normale che poi fanno una passeggiata, prendono un cappuccino o un croissant da qualche parte, oppure vanno in riva al mare in un’altra zona. Questo crea un sistema perché dal punto di vista del cuoco un territorio è proprio un insieme di gusti, di tradizioni, riproposte attraverso la gastronomia e l’accoglienza.

Nelle tua cucina hai inserito prodotti poco conosciuti del territorio.

Sono stato invitato come relatore a “Identità Golose”, una grande rassegna a livello europeo. Si trattava di parlare del nostro territorio, quindi ho fatto degli approfondimenti trovando ingredienti straordinari. Per esempio nell’Oasi di Macchiagrande del Wwf sulla duna ho trovato la salicornia, la cachile marittima, il finocchio marino, tutta una serie di cose uniche. Ma ho riscoperto anche profumi qui molto più intensi, come l’alloro, il mirto, il rosmarino caduco. L’idea è stata proprio quella di portare in tavola quelle che sono le nostre risorse, oltre al pescato e a tutto il resto. Questo mi ha portato ad andare a Burano, a Orbetello dove ci sono muggini straordinari scelti con una pesca di selezione. Dopo il nostro intervento sono diventati certificati dal Wwf, ora hanno un valore importante.

Unire le forze, fare rete, mettersi in gioco, obiettivi condivisi da altri?

Sono successe tante cose in questi anni, è cambiata la ristorazione, il metodo di accoglienza. C’è una nuova gioventù che sta venendo su forte, accanto ai due chef stellati, c’è L’Orologio, realtà emergenti, come Host, Indispensa, Cielo, La nuova Marina, Patrizi, Sancho e tanti altri che sarebbe giusto nominare. Se gli diamo la possibilità, questi giovani esplodono. C’è gente che da Roma viene a investire qui, per esempio Stefano Callegari a Maccarese al Castello San Giorgio con la pizzeria.

Bisogna valorizzare questi sforzi anche da un punto di vista culturale. L’accoglienza, la gastronomia, più che mai oggi sono diventati centrali nell’economia, anche per chi vende solo case. Abbiamo solo bisogno di un punto di incontro, di maggiori occasioni per stare insieme.

L’Amministrazione comunale potrebbe risultare decisiva in questo o sono gli imprenditori che dovrebbero prendere coscienza della centralità del loro ruolo?

È la prima volta che mi è accaduto. Quando mi hanno riconfermato la stella Michelin sono stato chiamato dal sindaco di Fiumicino che si è voluto complimentare con noi. Un piccolo ma anche un grande gesto. Poi abbiamo fatto l’iniziativa dei battelli, siamo passati sul Tevere per la rassegna cinematografica. Il fiume è bellissimo di sera, battelli della cultura che ti portano dove c’è arte, cinema, degustando a bordo la cucina con chef locali: una cosa unica. C’è una grande necessità di fare queste iniziative riuscitissime e bellissime, se volessimo potremmo vivere solo di questo.

Come si fa a trasformare un evento, un momento, in un sistema, un volano capace di trascinare con sé l’economia locale? Da dove si parte?

È questo il punto delicatissimo, fare in modo che le istituzioni, così come stanno facendo, comincino a interagire in modo continuo con chi offre ospitalità in maniera importante. Noi siamo in rete per passione ma lavoriamo 16 ore al giorno per la soddisfazione di veder contenti i nostri ospiti che vengono a Fiumicino. Non abbiamo ancora la possibilità di strutturare un confronto stabile con le amministrazioni. Magari ci sentiamo mille volte per una ricetta, ma poi la possibilità di unire le forze per riuscire a fare un qualcosa di importante ancora non c’è. Bisognerebbe trovare qualcuno che abbia la passione dell’accoglienza e della ristorazione capace di interagire con i vari livelli. Nell’Amministrazione comunale ci sono persone intelligenti pronte ad ascoltarci, dovremmo trovare un modo proficuo per connetterci insieme.

Gianfranco Pascucci e Lele Usai, i due chef stellati di Fiumicino. Non è già un bel punto di partenza?

Con Lele ragioniamo da tempo su questi temi. Ci ritroviamo insieme in tutta Italia, perché veniamo invitati in tanti posti che fanno manifestazioni dove il Comune si mette a disposizione e riesce a dare un forte impulso a queste cittadine. Abbiamo progettato di fare, prima o poi, un Festival a Fiumicino. Una rassegna di qualità dove ognuno può parlare della propria realtà, esprimendosi al meglio. Chiudere delle strade per far vendere a bancarelle cose inutili, non può avere senso per tutta Fiumicino. Immagino invece un Festival al quale partecipano le migliori energie del territorio, una festa bellissima alla quale parteciperebbero in tanti per promuovere questo nostro magnifico territorio al quale sono orgoglioso di appartenere.