Il degrado di una comunità ha radici più profonde della mala gestione del bene pubblico.
Il degrado di una comunità nasce dentro di noi con l’abitudine a viverlo, con l’assuefazione nel riconoscerlo con l’accettazione di esso e la stanchezza nel combatterlo.

Gli occhi di un bambino che nasce e cresce in una zona degradata non sanno riconoscere il degrado, l’erbacce che crescono incontrastate sul ciglio del marciapiede, la strada dissestata e disseminata di buche, la polvere che ricopre intere tratte mai asfaltate , il cemento di un cantiere pubblico abbandonato, le aree verdi incolte mai curate dall’Amministrazione che circondano le case dei residenti. Il bambino non ha pietre di paragone, non conosce il bello, non conosce i canoni estetici del periodo classico ne l’arte e la bellezza che l’uomo ha saputo creare con essa.
I bambini subiscono ignari il tutto.

Gli adulti invece che vivono nelle zone degradate appartengono a due categorie: le vittime, come i loro figli, perché non hanno avuto modo di distinguere, di apprezzare e quindi di combattere per il cambiamento. Sono già condannati e condannano anche i loro figli.

I colpevoli: siamo in questa categoria tutti noi, che riconosciamo il brutto, che viviamo il degrado che subiamo i disservizi, ma poi aspettiamo. Aspettiamo. Aspettiamo. Aspettiamo che qualcuno faccia qualcosa. Qualcuno scrive un lettera, qualcuno pubblica un articolo, nella speranza che qualcosa accada. Aspettiamo la promessa del politico di turno, aspettiamo il contentino della campagna elettorale, aspettiamo perché potrebbero indispettirsi e non fare più i lavori. Ci lamentiamo, ci lamentiamo, ci lamentiamo ma poi tralasciamo.

In un periodo non sospetto risalente al 49 d.C. In uno scritto breve ma intenso di significati, Seneca scrisse: “Nessuno ti restituirà più i tuoi anni, nessuno ti renderà un’altra volta te stesso. La vita proseguirà lungo la strada per cui si è avviata, senza fermarsi né tornare indietro. E lo farà in silenzio, senza rumore, senza nulla che ti avverta della sua velocità. Non c’è ordine di re ne volontà di popolo che possa prolungarla; correrà come è partita il primo giorno, senza deviazioni, né soste. Cosa accadrà? Tu sei affaccendato, ma la vita ha fretta: intanto arriverà la morte e per lei, tu lo voglia o no, il tempo dovrai trovarlo”.

Non lamentatevi dall’interno delle vostre case con i politici che animano le amministrazioni locali, loro fanno da sempre il loro lavoro di sopravvivere a sé stessi. Non si occuperanno dei tuoi dieci anni vissuti nel degrado, del tempo trascorso nei disservizi, di tuo figlio che che è cresciuto credendo che questo sia il bello. Che tu sia vittima o colpevole, se vuoi lamentarti esercita questo tuo dissenso, secondo la legge, ma non attendere ancora per gridarlo, perché vittima o colpevole che tu sia , il responsabile più grande sei solo tu.

In allegato alcune foto dell’attuale situazione di via Ignazio Zanini e “le case tra i campi”.

Giuseppe Nardi