Anni di rimpalli di responsabilità tra Governo, Autorità di bacino, Regioni (Lazio e Umbria), Provincia (ora Città metropolitana) e Campidoglio per lasciare il fiume in condizioni sempre peggiori, alla mercé di ogni ondata di maltempo e di ogni piena che passa (se tutto va bene) sotto i ponti. Le grandi opere sono di competenza nazionale, ma la manutenzione ordinaria del letto del fiume e dei suoi argini, nell’attraversamento della Città eterna, si perde tra mille rivoli. E troppo spesso non si fa. Nell’area urbana di Roma i principali problemi arrivano dalla strozzatura di Ponte Milvio, che mette a rischio di esondazione anche il quartiere Flaminio e le aree di Tor di Quinto, del Foro Italico e della Farnesina. E infatti, a ogni evento meteorologico straordinario gli occhi sono tutti puntati sull’antico ponte che collega piazza Cardinal Consalvi con viale di Tor di Quinto. Gli altri punti critici sono le aree abitate a valle, in particolar modo in corrispondenza della foce a Fiumicino: Acilia, Infernetto, Casal Palocco e Ostia Antica hanno già subito gravi danni anche recentemente, in occasione di particolari ondate di maltempo. Il Governo è pronto a stanziare 4-500 milioni di curo per mettere in sicurezza l’intero bacino del Tevere: fondi già disponibili, nel piano “Italiasicura”, ma che si scontrano contro la mancanza di progetti esecutivi già attuabili. Nella migliore delle ipotesi servirà un altro anno, o poco meno, e poi si dovrà affrontare l’iter delle gare d’appalto, che potrebbe dilatare ulteriormente i tempi delle procedure. Peraltro si tratta di opere infrastrutturali che servi-rebbero sicuramente a ridurre al minimo il rischio di piene fuori controllo, e quindi di esondazioni del fiume, ma che non riguarderebbero lo stato delle sponde nell’area urbana di Roma, assediate da un degrado che sembra invincibile. Per le sponde cittadine del fiume ci sarebbe una struttura ad hoc: nel 2015 la giunta capitolina, allora guidata da Ignazio Marino, aveva approvato l’istituzione dell’Ufficio speciale Tevere, con l’obiettivo della valorizzazione, sotto il profilo storico-ambientale, del fiume nel suo tratto urbano, attraverso attività di manutenzione, sviluppo e tutela delle acque e delle sponde. Da quel momento, però, di quest’iniziativa di Palazzo Senatorio si hanno poche notizie. Prima di allora si era proceduto con progetti spot: dalla realizzazione di piste ciclabili lungo le sponde, inghiottite dal degrado e spesso interrotte da insediamenti abusivi; fino ai vari servizi di navigazione sul tratto urbano, frenati dalla strozzatura dell’Isola Tiberina, che non sono mai davvero decollati. A gennaio è toccato alla Regione Lazio, che ha presentato il bando per la manutenzione del fiume nel tratto urbano di Roma. Il finanziamento complessivo, suddiviso in tre anni, e stato fissato in totale a 2 milioni e 130 mila euro. Il bando era diviso in tre capitoli: taglio ed estirpazione di cespugli, monitoraggio continuo delle sponde e controllo dl letto del fiume, con l’individuazionedei siti  di accumulo che possano costituire pericolo. Un’iniziativa sicuramente utile, ma non risolutiva dei problemi del principale corso d’acqua dell’Italia centrale. Una buona strada da percorrere è la candidatura del Tevere nel programma di sviluppo ambientale Horizon 2020, con finanziamenti dell’Unione europea per valorizzare in Europa luoghi particolar-mente significativi sul tema della sostenibilità. Ma un piano organico per riqualificare il fiume, e mettere 300 mila romani al riparo dal rischio esondazioni, è ancora lontano dall’essere pronto.

(di Fabio Rossi – Il Messaggero)