Animale aggraziato dai bei colori è una delle catture più belle del periodo autunnale per i pescatori delle coste tirreniche. Questo pesce elegante si avvicina alle coste dopo l’estate per predare piccoli pesci di cui è particolarmente ghiotto. Parente dello sgombro raggiunge una taglia massima di quasi un metro e 8 kg di peso ma le catture vedono una prevalenza di esemplari con taglie comprese tra i 30 ed i 60 cm.
La possiamo riconoscere dal corpo simile a quello di un tonno ma molto sfinato con un dorso e la parte superiore dei fianchi di colorazione blu acciaio sul quale sono disegnate da 5 ad 11 striature più scure ed oblique, la parte inferiore dei fianchi ed il ventre mostrano una colorazione argentea. La palamita potrebbe essere confusa con altre specie simili ma la presenza delle striature oblique sul dorso è per il consumatore la sicurezza che si sti trattando proprio di lei.
Specie che ha abitudini gregarie, è insidiata sia dalla pesca professionale che dalla sportiva in quanto se catturata diventa una gran combattente regalando al pescatore notevoli soddisfazioni.
La palamita è un pesce che per le caratteristiche delle sue carni ha fatto sempre parte dei consumi delle coste tirreniche con la nascita di manifestazioni dedicate tra le quali bisogna ricordare quella di San Vincenzo in Toscana ed il riconoscimento delle sue qualità e del suo valore tradizionale anche dall’associazione Slow Food creando un presidio a lei dedicato.
Ma la palamita ha una sua storicità nella pesca mediterranea anche su coste del mediterraneo orientale. Durante l’impero romano nell’antica Byzantion, l’attuale Istanbul, su una faccia di alcune monete coniate intorno al 150 d.C. troviamo l’immagine di due pesci che gli esperti di numismatica indicano come tonni ma che in realtà sono palamite. Il famoso geografo Strabone racconta, infatti, come gran parte della ricchezza di Byzantion derivasse dai pesci e tra questi soprattutto dalla palamita. Anche oggi ad Istanbul si pesca la palamita e gli abitanti usano tre nomi per le tre differenti taglie più consumate: le piccole palamita il cui peso va da 0,2 a 0,35 kg si chiamano çingene palamutu (palamita gitana), quelle fra mezzo kg e 1 kg di peso si chiamano palamut, le più grandi (2,5-4 Kg) si chiamano Torik.
A Istanbul, alla fine dell’estate, si comincia ad aspettare la palamita. Dall’autunno alla fine dell’inverno, questo pesce grasso è la base del nutrimento per molti, tanto da meritare il nome di “pane dei poveri” per il basso costo dovuto alla grande abbondanza sul mercato.
Anche il più grande gastronomo dell’epoca romana, Apicio, nella sua opera parla della palamita proponendola in ricette che andavano ad arricchire le tavole dei nobili romani; nel libro decimo della sua opera viene anche proposta la ricetta di una salsa da utilizzare appositamente con la palamita arrosto così composta. Salsa per palamita arrosto: pepe, ligustico, origano, coriandolo tresco, cipolla, uva passa senza acini, passito, aceto, Salsa; manipola con olio e cuoci.
Dottor Claudio Brinati – Confcooperative