Il Gioco d’Azzardo Patologico rappresenta una delle più grandi fonti di dipendenza senza coinvolgere la droga, complice della sua diffusione è la tolleranza che ha la società nei suoi confronti, infatti, viene addirittura incentivato.

Lo Psicologo  Roma dott. Luca Saita ci racconta che contrariamente a quanto si possa pensare, questa dipendenza non causa soltanto un impulso fisico che porta il malato a giocare incontrollabilmente, ma, nel caso di un giocatore patologico, si possono verificare disturbi nella percezione del tempo, con il raggiungimento di uno stato alterato di coscienza che somiglia all’abuso vera e propria droga.

Ma non solo il gioco, anche l’Alcoldipendenza conta un grande numero di malati in Italia, complice anch’essa della tolleranza da parte della società nei suoi confronti, che accetta l’utilizzo anche quotidiano di alcolici e non ne penalizza spesso l’abuso che viene spesso confuso con semplice voglia di “alzare un po’ il gomito”.

Un errore, quest’ultimo, che non viene commesso soltanto dai soggetti esterni, ma anche dal diretto interessato (l’alcolista), che può non rendersi immediatamente conto della situazione in cui si trova, convinto del fatto che bere sia soltanto un piccolo piacere per lui.

Ma se il gioco ed il bere inizialmente possono essere due attività piacevoli e ricreative, se non portate avanti con coscienza e parsimonia possono portare a disagi di carattere psicologico, economico ed anche sociale. Come detto precedentemente, un soggetto può non essere conscio dello stato di dipendenza in cui si trova, oppure può esserne conscio ma senza avere il controllo della situazione; nei soggetti, gli impulsi che spingono verso l’adempimento della propria dipendenza sono più di uno e diversi in base alla persona.

Al primo posto troviamo il craving, ovvero l’atto di convincere se stessi che in quel momento ci si può permettere di utilizzare la sostanza, o svolgere l’attività, portandosi a pensare che sarà possibile risanare l’azione in un secondo momento, oppure sottovalutando i rischi derivati da essa o addirittura che ci meritiamo dello svago dopo una lunga giornata. Un altro fenomeno è la tendenza a giustificarsi, con gli altri ma anche a se stessi, al fine di evitare lo scontro psicologico che dovremmo affrontare guardando la realtà, preferendo affermare di avere in mano la situazione, o negando tutto.

La Terapia Cognitivo Comportamentale

Infine un soggetto può avere la sensazione di non essere per nulla al controllo della situazione, e che la sua dipendenza sia alimentata da impulsi più forti di lui.

A fronte di questi disturbi psicopatologici, la Terapia Cognitivo Comportamentale è uno dei trattamenti riconosciuti come più efficaci a livello internazionale, tale terapia evidenzia un forte legame tra emozioni, pensieri e comportamenti, affermando che non sono gli eventi a formare i problemi a livello psicologico nel paziente, piuttosto come il sistema cognitivo del paziente influenza quest’ultimi.

Questa terapia dunque aiuta il paziente a cambiare i propri “schemi mentali” che lo portavano al disagio, proponendone di nuovi che risultano più convenienti. Si tratta quindi di una terapia che punta ai concreti problemi del paziente, collaborando con lui per riscostruire i propri rapporti sociali, eliminare eventuali disturbi compulsivi quotidiani, oppure attacchi di panico; oltretutto, ha durata relativamente breve quando possibile, variando dai quattro ai dodici mesi circa.